Psicologo alimentare: chi è, cosa fa e come diventarlo

Lo psicologo alimentare aiuta i pazienti a trovare il giusto rapporto tra cibo e psiche, superando difficoltà e sofferenze connesse. Scopriamo di cosa si occupa e come diventare psicologo della nutrizione.

psicologo alimentare

La crescente attenzione nei confronti dei disturbi e del comportamento alimentare ha portato allo sviluppo di una nuova professione, quella dello psicologo alimentare.

Questa figura, di nascita relativamente recente, è specializzata nella cura dei disturbi alimentari che possono sorgere da problemi psicologici, fisiologici o da abitudini sbagliate. Scoprire la causa alla base del disturbo dell’alimentazione è il punto di partenza per definire un percorso di recupero. Il professionista lavora insieme a un gruppo di medici orientati alla comprensione del fenomeno.

Scopriamo chi è lo psicologo alimentare, di cosa si occupa e come si diventa uno specialista in questa professione.

Chi è lo psicologo alimentare?

La psicologia della nutrizione si è sviluppata in un periodo piuttosto recente grazie alla crescente attenzione alle abitudini alimentari delle persone. Il ruolo dello psicologo alimentare è quindi centrale per contrastare tutti quei problemi legati alla salute fisica, ma anche psicologica degli individui.

A differenza di un nutrizionista, che analizza la dieta che una persona può seguire per migliorare la proprio condizione fisica; lo psicologo del comportamento alimentare studia la relazione interdipendente tra ciò che si mangia e le esperienze psichiche. Una volta compresi questi legami, i professionisti della salute mentale specializzati in nutrizione si occupano di ideare strategie appropriate per migliorare i processi decisionali legati al cibo.

Le scelte alimentari che facciamo ogni giorno, infatti, determinano la nostra condizione fisica e hanno un impatto su di essa. Questo impatto può sfociare in quelli che chiamiamo disturbi del comportamento alimentare (DCA), che si manifestano in:

  • digiuno forzato;
  • anoressia;
  • fobie del cibo;
  • bulimia nervosa;
  • binge eating.

Lo psicologo alimentare si occupa della diagnosi e della cura di comportamenti e abitudini alimentari scorretti o lesivi per le persone. Anche la prevenzione di questi comportamenti è uno degli aspetti caratterizzanti del lavoro dello psicologo.

Cosa fa lo psicologo alimentare?

L’obiettivo di uno psicologo della nutrizione è quello di motivare il proprio paziente e spingerlo a cambiare le proprie abitudini alimentari. Che si tratti di problemi legati al peso (anoressia, sovrappeso, ecc), al rapporto con il cibo (bulimia, binge eating, ecc) o altri problemi di alimentazione (diabete, colesterolo, ecc), il professionista deve trovare il giusto equilibrio tra psiche e dieta equilibrata.

Facciamo un esempio. Uno psicologo può trovarsi di fronte a un paziente che ha dei disturbi alimentari legati al peso, in questo caso sovrappeso. Le cause di questa condizione fisica possono essere moltissime: a partire dalla genetica fino ad abitudini alimentari sbagliate, o ancora a un approccio al cibo non equilibrato.

In questo contesto, quindi, lo psicologo del comportamento alimentare è chiamato a individuare la problematica su cui intervenire e le eventuali connessioni psicologiche ad essa connesse. Una volta compreso l’ambito di intervento è opportuno motivare il paziente a trovare il giusto rapporto con il cibo o eventualmente indirizzarlo verso centri specializzati nella cura del suo disturbo.

Tramite un percorso, un programma ben definito e una serie di incontri periodici, lo psicologo alimentare tiene conto dei risultati e dei progressi dei suoi pazienti. Può eventualmente coinvolgere in questo percorso anche i familiari del paziente, soprattutto se minorenne.

Relazione tra cibo, psiche e benessere generale

Come denota la piattaforma dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS), i disturbi alimentari costituiscono un problema sempre più importante per la sanità pubblica. Non solo: l’età media in cui si sviluppano questi disturbi è sempre più bassa. Ciò significa che sono i giovani a soffrire di questi problemi in misura maggiore.

La connessione tra cibo, psiche e benessere generale è la chiave di lettura di uno psicologo alimentare. La sofferenza e la malattia possono insorgere da problemi emotivi, traumi, o da abitudini sbagliate. L’intervento tempestivo di un professionista può evitare lo sviluppo di questi disturbi che, nel lungo periodo, possono portare a problematiche più gravi.

Nella maggior parte dei casi, secondo l’ISS, le persone affette da disturbi alimentari trovano il coraggio di chiedere aiuto grazie a un familiare o a un amico. Essere consapevoli delle proprie condizioni fisiche e/o psicologiche è il primo passo per affrontare il problema.

Dall’altro lato, lo psicologo deve avere la capacità di comunicare, ascoltare e comprendere le problematiche del suo paziente. Deve essere empatico e mettersi nei panni di chi ha di fronte per capire il suo stato d’animo e cosa lo ha condotto a questa condizione fisica.

Come diventare psicologo alimentare?

L’ordinamento italiano non riconosce formalmente, ad oggi, la figura dello psicologo alimentare. Solo negli ultimi anni questa professione si è diffusa in seguito all’attenzione posta sui comportamenti e le abitudini nutrizionali delle persone. Non esiste, quindi, un percorso formativo specifico da seguire per diventare un professionista.

Infatti, a occuparsi dei disturbi alimentari – nella maggior parte dei casi – sono altri specialisti, quali biologi, medici, dietisti, nutrizionisti, coach alimentari. Ma indagare sul comportamento e sulla psicologia dell’individuo, come fa uno psicologo alimentare, può aiutare a comprendere le origini di quel particolare disturbo.

Il percorso da seguire per diventare uno psicologo della nutrizione, perciò, è inizialmente simile a quello previsto per diventare uno psicologo. Esistono poi delle specializzazioni, dei master post-laurea o dei corsi formativi che permettono di avvicinarsi a questo settore.

Conoscere e approfondire i vari aspetti dei disturbi del comportamento alimentare è fondamentale per poter svolgere questa professione. Ma il professionista della nutrizione ha bisogno anche di altre competenze, da acquisire direttamente sul campo.

In alternativa a questo percorso, per diventare psicologo alimentare è possibile laurearsi in Medicina e Chirurgia, per poi formarsi nel trattamento psicologico dei disturbi legati all’alimentazione.

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Formazione universitaria

Per diventare uno psicologo alimentare occorre seguire una formazione universitaria di almeno cinque anni, composta da:

  • laurea triennale in Psicologia;
  • laurea specialistica in Psicologia.

Al termine di questo percorso è possibile svolgere il tirocinio curricolare di almeno 12 mesi per ottenere l’abilitazione alla professione e quindi iniziare a svolgere il tuo lavoro. Superato quest’ultimo si ottiene infatti l’abilitazione alla professione, senza la necessità di svolgere l’Esame di Stato. A questo punto, lo psicologo può iscriversi all’Albo professionale della propria Regione.

Dopo la laurea e il tirocinio si possono proseguire gli studi con un Master in Psicologia o un corso di formazione in Psicologia del comportamento alimentare.

Specializzazione post-laurea

Al termine del percorso universitario, per diventare uno psicologo alimentare professionista è opportuno proseguire gli studi con un programma di specializzazione in psicologia dell’alimentazione. In alternativa al master, quindi, puoi scegliere una delle specializzazioni in psicologia focalizzate sullo studio delle abitudini alimentari e dei disturbi connessi a questa sfera.

Spesso per diventare un professionista del settore la conoscenza teorica e lo studio non bastano. Se desideri specializzarti nella nutrizione dovrai approfondire vari aspetti nell’ambito dei DCA. Puoi sempre affidarti a corsi formativi organizzati dagli enti riconosciuti a livello nazionale.

Non devi dimenticare di approfondire anche alcuni temi medico-sanitari di maggiore rilevanza in questo settore, per esempio:

  • aspetti biologici e basi fisiologiche dell’alimentazione;
  • le componenti chimiche degli alimenti e dei nutrienti;
  • la composizione corporea;
  • metodologie e strumenti per la valutazione del peso corporeo;
  • le basi neurologiche della fame e della sazietà;
  • la regolazione fisiologica del peso;
  • elementi di farmacologia.

Ricorda che, come dettato dal codice deontologico, lo psicologo professionista deve rimanere costantemente aggiornato partecipando a corsi di formazione validi per l’ottenimento dei crediti ECM.

Psicologo alimentare: le opportunità lavorative

Uno psicologo della nutrizione può essere inserito in contesti multidisciplinari, che comprendono sia il settore pubblico sia quello privato. Molti professionisti scelgono anche la libera professione in cliniche o studi privati per organizzare il proprio lavoro con metodi, tempi e luoghi preferiti.

I potenziali clienti di uno psicologo alimentare sono tantissimi: non solo individui affetti da disturbi alimentari, ma anche pazienti con diagnosi di diabete o celiachia. Inoltre, sia nel settore pubblico sia in quello privato, gli psicologi hanno l’opportunità di trattare i comportamenti disadattivi e supportare i familiari.

Solitamente uno psicologo alimentare fissa degli colloqui conoscitivi iniziali con i propri clienti nei quali cerca di analizzare la situazione di partenza e valutare gli attuali problemi di salute. Successivamente, vengono fissati appuntamenti a cadenza mensile (o più frequenti in base alle esigenze) per misurare i progressi raggiunti.

Infine, uno psicologo dell’alimentazione può occuparsi della redazione di programmi di prevenzione e di psico-educazione alimentare, valutando i risvolti psicologici ed emotivi che provocano sofferenza.

Lavorare nel settore pubblico

Lo psicologo impegnato nel settore pubblico è un professionista che offre i propri servizi presso un ospedale o un qualsiasi edificio aperto al pubblico. Il suo ruolo è quello di prevenzione, intervento e formazione. In quest’ottica, il professionista può occuparsi anche della prevenzione dei disturbi alimentari portando progetti ed esperienze nelle scuole, nelle associazioni sportive nelle case famiglia, ecc.

Per entrare in questo ambiente, però, è necessario superare un concorso pubblico per psicologi che darà diritto all’assunzione a tempo determinato o indeterminato nel Servizio Sanitario nazionale.

Un’opportunità molto interessante sia per i giovani sia per i professionisti con anni di esperienza alle spalle, considerando che il guadagno di uno psicologo in questo settore può essere elevato.

Lavorare nel settore privato

Anche il settore privato permette di lavorare come psicologo per numerose aziende o enti privati. Come per il settore pubblico, gli ambiti di intervento non riguardano solo la diagnosi e la cura, ma anche la prevenzione. Quest’ultima può avvenire attraverso corsi di formazione nelle aziende, dedicati ai lavoratori e alle lavoratrici.

Ma non solo. Uno psicologo della nutrizione che opera nel settore privato può entrate nelle cliniche specializzate per offrire consulenze e servizi a pagamento, in alternativa al servizio pubblico.

Lavorare come libero professionista

Infine, molti psicologi della nutrizione decidono di mettersi in proprio e aprire la partita IVA per lavorare come liberi professionisti. In questo caso le opportunità sono tantissime:

  • puoi lavorare all’interno di associazioni o rivolgerti ad esse come libero professionista;
  • puoi entrare in uno studio privato o fondare una clinica tutta tua per offrire consulenza, diagnosi e prevenzione ai pazienti;
  • puoi lavorare online, cioè senza uno studio fisico, contattando i tuoi clienti direttamente dal pc in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo.

Il lavoro online è particolarmente apprezzato negli ultimi anni in quanto permette di prenotare e gestire appuntamenti con flessibilità e comodità. Il cliente può mettersi in contatto con il professionista tramite il suo sito web, prenotare una consulenza e svolgere il colloquio direttamente da casa propria. Così facendo ci saranno un clima più rilassato e migliori possibilità di comunicazione per valutare aspetti clinici, emotivi o psicologici.

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